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Dalla letteratura all’HR di domani:quando la rapidità è un valore da salvare


«Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba allí» (Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì). Questo racconto dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso è considerato da molti - a ragione - il più straordinario racconto breve della letteratura universale. Se ne serve Umberto Eco nel suo “Dire quasi la stessa cosa - Esperienze di traduzione”, per mostrare la difficoltà di “tradurre” un’opera da un mezzo espressivo all’altro; ma più interessante ancora è forse l’uso che ne fa Italo Calvino, che inserisce questo racconto incredibile (basti pensare agli scenari che una sola riga spalanca davanti all’immaginazione del lettore) in una delle sue “Lezioni americane”, il ciclo di sei conferenze che nel giugno dell’84 fu invitato a tenere all’Harvard University.


Calvino si serve di questo racconto nella sua lezione sulla “rapidità”, considerata una virtù della letteratura da preservare nel nuovo millennio. Quel millennio che nell’84 cominciava lentamente a schiudersi davanti agli occhi del mondo. Se me ne servo anch’io, in questa occasione, è perché la funzione HR mi pare si trovi oggi nella stessa posizione in cui si trovava allora la letteratura; ma in questo caso il nuovo millennio è rappresentato da un’epoca che segna definitivamente il passaggio dall’analogico al digitale, e che ancora prima di compiersi del tutto già mette in discussione i valori universali di questa funzione.


Ecco allora perché, nella breve lista di valori da conservare e tradurre nella nuova epoca dei processi di ricerca e selezione del personale, io credo non possa proprio mancare una certa forma di rapidità.


Una rapidità di pensiero, prima che di azione. Perché la rapidità di cui parlo è quella che sposta le energie e le risorse destinate a questa funzione su un nuovo modello organizzativo, orientato a offrire un approccio al recruiting completamente reinventato. Fondato, cioè, sull’esperienza come valore in sé; che riguarda tanto il candidato che la vive quanto il recruiter che la offre.


Una sintesi chiara dello scenario verso cui ci stiamo avviando è offerta dalla filosofia tech and touch, alla quale il recruiting reinventato si rifà, assorbendone il meglio (la sveltezza dei processi; la semplicità d’esecuzione; l’integrazione perfetta tra tecnologia e abilità umane), e rigettando tutto ciò che non è funzionale a questo nuovo disegno organizzativo.


Cambia l’approccio perché cambiano i processi, che cambiano, a loro volta, perché è il target, all’origine, a cambiare. E in questo ripensare rapido la propria funzione, il recruiter scopre l’efficacia di strumenti nuovi e sperimenta innovative modalità di esecuzione del proprio ruolo.


Entrano così in campo strategie di talent acquisition con modalità multicanale integrate tra loro. Si spazia dal mobile (che riduce la distanza tra candidati e aziende allo spazio di uno swipe sullo schermo dello smartphone) al desktop (Video Job Ad, video colloqui in differita); e tutto nel tempo striminzito di un click. Perché la rapidità investe prima di tutto gli interpreti di questa professione, ma non risparmia certo i processi. Si registra una forte apertura al gaming e una certa inclinazione a misurare le abilità del candidato mediante prove di abilità complesse. Ancora prima di averne effettivamente bisogno. In ultimo, si chiude l’epoca della selezione dei profili e si apre quella della ricerca di personalità. Anche multiple, se necessario. Nel senso di molteplici. Perché quella dell’assunzione diretta di interi team (già rodati e quindi più rapidi - ci risiamo - nell’esecuzione del lavoro) è un’altra delle caratteristiche che si scorgono già all’alba di questa nuova era dell’HR.


Una rivoluzione che cambia le regole alla radice e impone rapidità ai suoi interpreti, insomma, al solo scopo di offrire un’esperienza di recruiting evoluta e sempre più a misura delle aspettative (e dei bisogni) di candidati e aziende.

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